venerdì 20 novembre 2009

FAMIGLIA,BAMIBNI,SPETTACOLO


Il racconto scaturisce dalla penna del figlio maggiore dell'attrice, Sean Hepburn Ferrer e già il sottotitolo è un indizio sui contenuti: Audrey viene definita "un'anima elegante".
Il giorno successivo a quello in cui scomparve la madre, Sean volle subito fissare il suo ricordo sulla carta, ma le prime parole arrivarono solo quattro anni dopo. Un libro pensato, meditato, per la cui nascita servirono circa dieci anni: difficile catturare l'essenza di Audrey, ancora così presente nel modo di oggi (non solo nei film, ma anche in libri, agende, calendari).
Impossibile parlare male di lei, la sua vita era limpida, nessun segreto inconfessabile o inconfessato ne macchia la memoria. Il figlio la ritrae con immutato affetto. Gran parte del suo scritto riguarda il rapporto, splendido, che ebbe con lei, ma non manca di riportare le impressioni di chi la conobbe, famoso e non: alcune volte brani già noti; altre, testimonianze inedite.
Sean rivela il segreto della vita di sua madre, rivelazione che non ha nulla di sconvolgente: la sua vita fu attraversata sempre da un velo di tristezza, cui s'aggiunse la paura di non essere amata: Audrey, però, non vi si abbandonò, impegnandosi per sconfiggerla: e probabilmente è questa forza interiore che traspare nei ruolo interpretati e la rende grande.
Audrey vide la luce nel 1929 e, rischiò di morire dopo poche settimane, a causa della pertosse. Giovanissima, visse due grandi traumi: quello della Seconda Guerra Mondiale e l'abbandono da parte del padre, in parte legato all'evento precedente. Il padre, infatti, la inviò in Olanda, pensando fosse un posto più sicuro dell'Inghilterra, dove stava trascorrendo le vacanze estive. In quegli anni ad Amsterdam si trovava anche una coetanea di Audrey, Anna Frank: credo che questo basti a far capire quanto fosse un posto tranquillo…
Il padre interruppe i rapporti con la famiglia, non si fece più sentire, e solo dopo circa vent'anni, quando la figlia era già famosa, fu rintracciato: viene definito un "invalido emotivo", incapace di mostrare i suoi sentimenti ad Audrey. Il rapporto ormai era rovinato, impossibile ricucire lo strappo: pochissimi furono gli incontri, anche se Audrey non gli fece mai mancare il suo sostegno economico e non provò mai risentimento per lui.
Torniamo ora all'altro elemento, la Guerra. La famiglia, abbandonata se stessa, fu provata, come tante altre, da miseria e malnutrizione. Il sogno di Audrey, diventare una ballerina, fu infranto anche dal suo cattivo stato di salute, oltre che dalla sua altezza, eccessiva per i tempi. Senza perdersi d'animo, si dedicò ad altro, sfilate di moda e piccole parti in film e opere teatrali, fino ad arrivare all'incontro del destino: quello con la famosa scrittrice Colette, che la identificò con il suo personaggio, Gigi, e le regalò la parte.
Da allora, un crescendo. Eppure Audrey non ci pensò due volte: i figli erano più importanti. Quando il primogenito Sean (nato nel 1960) iniziò ad andare a scuola e quindi non poteva più seguirla sul set, abbandonò senza rimpianti il mondo dello spettacolo: molto meglio accompagnarlo a scuola tutte le mattine, magari facendo lo slalom tra i paparazzi! Non si sentiva una casalinga frustrata. E fece lo stesso con il secondogenito Luca (che venne alla luce nel 1970).
Cresciuti i suoi due figli, Audrey si accorse che, nel suo cuore, c'era ancora posto per amare altri bambini. Nel 1987, dopo un suo discorso tenuto ad un concerto di beneficenza, le fu proposto di diventare ambasciatrice dell'Unicef. L'anno successivo cominciò il suo impegno, soprattutto a favore dei bambini dell'Etiopia.

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