mercoledì 18 novembre 2009

IL LAVORO PER L'UNICEF


Poco tempo dopo la sua ultima apparizione cinematografica nel 1988, Audrey Hepburn fu nominata ambasciatrice speciale dell'UNICEF. Da quel momento fino alla sua morte la Hepburn si dedicò all'aiuto dei bambini dei paesi poveri del mondo. I suoi viaggi intorno al mondo furono facilitati anche dalla sua conoscenza delle lingue (oltre all'inglese, parlava fluentemente il francese, l'italiano, l'olandese e lo spagnolo).
La sua prima missione su campo fu in Etiopia, nel 1988. Visitò l'orfanotrofio di Mek'ele e fece in modo che l'UNICEF inviasse cibo ai 500 bambini che vi erano ospitati. Del suo primo viaggio la Hepburn disse:
« Mi si è spezzato il cuore. Non posso sopportare l'idea che due milioni di persone stiano morendo di fame.Il termine "Terzo Mondo" non mi piace perché siamo tutti parte di un mondo solo.Voglio che la gente sappia che la maggior parte degli esseri umani sta soffrendo»
Negli anni a seguire, la Hepburn visitò, in veste di ambasciatrice, molti altri paesi, come la Turchia e diversi stati dell'America del Sud e del Centro America.
Nel 1989 si recò con Robert Wolders in missione in Sudan. A causa della guerra civile era difficile far arrivare cibo alla popolazione. La missione aveva come scopo quello di far giungere rifornimenti su un treno che arrivasse alla parte meridionale del paese. Sempre in compagnia di Wolders, quello stesso anno si recò in Bangladesh, mentre l'anno successivo la sua missione la portò in Vietnam, nel tentativo di collaborare con il governo su programmi di immunizzazione e di pulizia dell'acqua.
Nel settembre 1992, quattro mesi prima della sua morte, la Hepburn arrivò in Somalia. Definì quel suo viaggio "apocalittico", affermando che di tutte le situazioni difficili viste durante i suoi viaggi, quella della Somalia era infinitamente peggiore.
«Ci sono tombe ovunque. Lungo la strada, sulle rive dei fiumi, vicino ad ogni campo... ci sono tombe ovunque.»
Nel 1992 il Presidente degli Stati Uniti, George H. W. Bush, la premiò con uno dei più importanti riconoscimenti attribuibili ad un civile statunitense, la Medaglia Presidenziale della Libertà (Presidential Medal of Freedom)[16], a riconoscimento del suo impegno con l'UNICEF e, poco dopo la sua morte, l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences la premiò con il Premio umanitario Jean Hersholt (Jean Hersholt Humanitarian Award) per il suo contributo all'umanità, premio ritirato da suo figlio Sean Hepburn Ferrer.
Del suo lavoro per l'UNICEF il figlio Sean, durante un'intervista, dirà: «Dopo una vita vissuta in parte come una tortura e una lotta per riuscire ad avere una carriera indipendente e l'autonomia finanziaria per sé e la sua famiglia, senza capire mai fino in fondo quello che la gente vedeva in lei - quello che era il suo fascino - ha trovato nella missione per l'Unicef il modo di ringraziare il suo pubblico e "chiudere il cerchio" della sua esistenza così breve».

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