sabato 21 novembre 2009

UNA MAMMA SPECIALE


Mia madre ha avuto una vita coronata dal successo e segnata dalle scelte giuste, la prima delle quali fu la sua carriera. Più tardi, invece, scelse la famiglia. E infine, quando noi figli eravamo ormai cresciuti e avevamo le nostre vite, scelse i bambini bisognosi di tutto il mondo: scelse di restituire quel che poteva in cambio di ciò che aveva avuto dalla vita. Per lei, in questa scelta così importante e determinante, stava la chiave per capire, e forse anche curare, qualcosa che l’aveva accompagnata nel corso di tutta la vita: una profonda, radicata tristezza.
Nell’era delle grandi star hollywoodiane, nessuna fu mai più luminosa di Audrey Hepburn. Il suo fascino, la sua grazia, la sua apparente fragilità e, naturalmente, il suo viso straordinario hanno ammaliato gli spettatori in ogni angolo del mondo. Sullo schermo e sul palcoscenico ha affascinato milioni di persone vestendo i panni di Gigi, Eliza Doolittle e Holly Golightly. Ma per Sean, suo figlio, era semplicemente e prima di tutto «la mamma».
In questo libro, che è il primo, vero ritratto privato di Audrey Hepburn, Sean Hepburn Ferrer ci accompagna per mano e con delicatezza nel mondo interiore dell’attrice più celebrata di Hollywood, raccontandoci la storia di sua madre, dall’infanzia trascorsa nell’Olanda devastata dalla guerra, all’apice della sua carriera cinematografica, fino ai giorni vissuti lontano dalla macchina da presa e dai paparazzi. Un modo di vedere Audrey certamente diverso da quello finora rivelato dall’obiettivo dai fotografi: attraverso lo sguardo di un figlio che l’adorava. Intimo e commovente, Audrey Hepburn, un’anima elegante contiene circa trecento tra fotografie, disegni (quelli della stessa Audrey) e documenti, la maggior parte dei quali finora inediti.
Più che una classica biografia hollywoodiana, questo libro parla del rapporto tra una madre e suo figlio. Ci presenta un’Audrey Hepburn inedita, tanto triste quanto bella. Nonostante il proprio sentimento d’impotenza di fronte agli orrori del mondo e la propria incapacità di risolvere le proprie insicurezze affettive, Audrey fu una madre straordinaria per i suoi due figli, Sean (che la definisce «la sua migliore amica») e Luca, orgogliosi entrambi, una volta adulti, nel vedere la propria madre mettere la propria fama al servizio dei bambini meno fortunati del mondo. Nella veste di portavoce dell’UNICEF, infatti, Audrey non risparmiò le forze nel tentativo di convogliare l’attenzione internazionale sulle tragiche condizioni di vita di milioni di bambini, vittime della miseria e di tutte le sue conseguenze.

STILE SBARAZZINO


La sua magrezza, al tempo delle pin-up, il suo taglio corto e sbarazzino quando andavano di moda le onde dolci e morbide di capelli biondo platino, quella sua allure innovativa e così terribilmente chic, se si pensa che eravamo all'inizio degli anni Cinquanta, sono state talmente tanto imitate da diventare uno stile, una vera e propria moda. Tanto che a giorni verrà persino messa in vendita in Italia, una Barbie da collezione vestita e pettinata, proprio come in lei, in "Colazione da Tiffany". Eterea nel sublime tubino nero appena scollato, con i fili di perle, i guanti lunghissimi e lo chignon così "bcbg".
Il quattro maggio di quest'anno Audrey Hepburn avrebbe compiuto settanta anni e sicuramente sarebbe stata molto impegnata con l'UNICEF, per i bambini albanesi del Kosovo.
Invece, dal 1993, non è più tra noi, ma lo saranno ancora una volta i suoi vestiti, le sue valigie e tanti altri oggetti che insieme alle foto, ai film, alla voce e alla sua classe ed eleganza insuperabili possono essere visti nella mostra a lei dedicata, a Firenze, in Palazzo Spini Feroni all'interno del Museo Salvatore Ferragamo.
L'esibizione curata da Stefania Ricci e Gianluca Bauzano e allestita da Maurizio Balò, resterà aperta fino al primo di luglio.
Camminando nelle sale di Palazzo Spini Feroni, si entra nel mondo "fatato" di Audrey Hepburn. Da quando a ventidue anni aveva interpretato, a fianco di Gregory Peck e in sella alla mitica Vespa: "Vacanze Romane", all'onore della copertina di Time sempre del 1953, ad un escalation di numerosi film di grande successo, di nomination e di statuette di Oscar vinte.
Il ricavato dell'esposizione sarà devoluto a favore dell'Audrey Children's Fund, l'organizzazione americana creata dal figlio dell'attrice: Sean Ferrer, per continuare l'impegno di sua madre.
I fondi saranno devoluti per la costruzione nel New Jersey di un centro specializzato in problematiche riguardanti gli abusi sui minori.
Ancora beneficenza, per il galà che sarà organizzato a New York, il quattro maggio, per ricordare la Hepburn.
Sempre in quella data, Firenze e New York si avvicineranno sotto il segno dell'arte, perché da Sotheby's andranno all'asta i calchi della forma del piede dell'attrice sulla base di quella in legno del 1954, presa da Salvatore Ferragamo e conservata al Museo di Palazzo Spini Feroni.
A New York, verranno battute repliche rielaborate da: Enzo Chucchi, Arman, Louise Bourgeois, Franco Fontana, Kenny Scharf, Andres Serrano, Marina Abramovic, Daniel Spoerri e Lawrence Weiner.
Insomma, tante belle feste nel segno della solidarietà, per festeggiare il ricordo della leggiadra Audrey, che non aveva mai dimenticato gli anni della seconda guerra mondiale, passati in Olanda in mezzo alla fame più nera, che l'aveva costretta a mangiar bulbi di tulipani e insalata belga tutti i giorni.
Una dieta, che nel suo caso, è stata una azzeccatissima cura di bellezza per il corpo e per l' anima.

venerdì 20 novembre 2009

PERCHE AUDREY NON LO SCRISSE?


Nel libro, sono citate ben sette biografie, dedicate ad Audrey Hepburn: la fame di notizie sul suo conto era ed è grande, l'affetto del pubblico ancora non è venuto meno. Anche gli editori premevano affinché scrivesse della sua vita: si riporta per intero (con traduzione) un'accorata lettera dell'agente letterario Irving Paul Lazar, che nel 1991, colpito da un'intervista concessa a Vogue, la esortava almeno a pubblicare una raccolta commentata di articoli che la riguardassero, magari utilizzando il ricavato delle vendite a beneficio dell'Unicef. Audrey ci pensò, avrebbe desiderato lasciare uno scritto, soprattutto per i figli, ma l'impegno umanitario e la malattia le impedirono di concretizzare le sue intenzioni.
Fino a quel momento, comunque, varie ragioni l'aveva dissuasa dal parlare di sé. In primo luogo, riteneva di avere una vita assolutamente normale (quanto si sbagliava!): si era sempre tenuta lontana dal gossip e non poteva narrare scandali o aneddoti, che avrebbero (a suo dire) catturato l'attenzione dei lettori. Inoltre, parlare di sé l'avrebbe inevitabilmente costretta a coinvolgere delle persone con cui era o era venuta in contatto e che amava (i figli in primo luogo) , con il rischio di ferirle, di esporre la vita privata altrui al pubblico dominio.
Sean, a distanza di anni, racconta di lei, con molto tatto e rispetto, prestando particolare attenzione ai suoi insegnamenti, ai suoi valori, alle sue convinzioni: con molta probabilità ha realizzato il sogno di sua madre. Ed ha modo di sfatare la diceria relativa al suo vero nome: nessuno pseudonimo, anzi il nome completo è Audrey Kathleen Hepburn Ruston. Cambiarlo le avrebbe forse giovato, agli inizi, vista la possibilità di confonderla con la già famosa Katherine Hepburn (anche lo stilista Hubert de Givenchy incappò nell'equivoco: ma s'intesero ugualmente, e la collaborazione si trasformò in una straordinaria amicizia).

FAMIGLIA,BAMIBNI,SPETTACOLO


Il racconto scaturisce dalla penna del figlio maggiore dell'attrice, Sean Hepburn Ferrer e già il sottotitolo è un indizio sui contenuti: Audrey viene definita "un'anima elegante".
Il giorno successivo a quello in cui scomparve la madre, Sean volle subito fissare il suo ricordo sulla carta, ma le prime parole arrivarono solo quattro anni dopo. Un libro pensato, meditato, per la cui nascita servirono circa dieci anni: difficile catturare l'essenza di Audrey, ancora così presente nel modo di oggi (non solo nei film, ma anche in libri, agende, calendari).
Impossibile parlare male di lei, la sua vita era limpida, nessun segreto inconfessabile o inconfessato ne macchia la memoria. Il figlio la ritrae con immutato affetto. Gran parte del suo scritto riguarda il rapporto, splendido, che ebbe con lei, ma non manca di riportare le impressioni di chi la conobbe, famoso e non: alcune volte brani già noti; altre, testimonianze inedite.
Sean rivela il segreto della vita di sua madre, rivelazione che non ha nulla di sconvolgente: la sua vita fu attraversata sempre da un velo di tristezza, cui s'aggiunse la paura di non essere amata: Audrey, però, non vi si abbandonò, impegnandosi per sconfiggerla: e probabilmente è questa forza interiore che traspare nei ruolo interpretati e la rende grande.
Audrey vide la luce nel 1929 e, rischiò di morire dopo poche settimane, a causa della pertosse. Giovanissima, visse due grandi traumi: quello della Seconda Guerra Mondiale e l'abbandono da parte del padre, in parte legato all'evento precedente. Il padre, infatti, la inviò in Olanda, pensando fosse un posto più sicuro dell'Inghilterra, dove stava trascorrendo le vacanze estive. In quegli anni ad Amsterdam si trovava anche una coetanea di Audrey, Anna Frank: credo che questo basti a far capire quanto fosse un posto tranquillo…
Il padre interruppe i rapporti con la famiglia, non si fece più sentire, e solo dopo circa vent'anni, quando la figlia era già famosa, fu rintracciato: viene definito un "invalido emotivo", incapace di mostrare i suoi sentimenti ad Audrey. Il rapporto ormai era rovinato, impossibile ricucire lo strappo: pochissimi furono gli incontri, anche se Audrey non gli fece mai mancare il suo sostegno economico e non provò mai risentimento per lui.
Torniamo ora all'altro elemento, la Guerra. La famiglia, abbandonata se stessa, fu provata, come tante altre, da miseria e malnutrizione. Il sogno di Audrey, diventare una ballerina, fu infranto anche dal suo cattivo stato di salute, oltre che dalla sua altezza, eccessiva per i tempi. Senza perdersi d'animo, si dedicò ad altro, sfilate di moda e piccole parti in film e opere teatrali, fino ad arrivare all'incontro del destino: quello con la famosa scrittrice Colette, che la identificò con il suo personaggio, Gigi, e le regalò la parte.
Da allora, un crescendo. Eppure Audrey non ci pensò due volte: i figli erano più importanti. Quando il primogenito Sean (nato nel 1960) iniziò ad andare a scuola e quindi non poteva più seguirla sul set, abbandonò senza rimpianti il mondo dello spettacolo: molto meglio accompagnarlo a scuola tutte le mattine, magari facendo lo slalom tra i paparazzi! Non si sentiva una casalinga frustrata. E fece lo stesso con il secondogenito Luca (che venne alla luce nel 1970).
Cresciuti i suoi due figli, Audrey si accorse che, nel suo cuore, c'era ancora posto per amare altri bambini. Nel 1987, dopo un suo discorso tenuto ad un concerto di beneficenza, le fu proposto di diventare ambasciatrice dell'Unicef. L'anno successivo cominciò il suo impegno, soprattutto a favore dei bambini dell'Etiopia.

PREMI E RICONOSCMENTI


(Academy Awards 1968)
•Nomination Miglior attrice protagonista per Gli occhi della notte
(Academy Awards 1962)
•Nomination Miglior attrice protagonista per Colazione da Tiffany
(Academy Awards 1960)
•Nomination Miglior attrice protagonista per La storia di una monaca
(Academy Awards 1955)
•Nomination Miglior attrice protagonista per Sabrina
(Academy Awards 1954)
•Vincitore Miglior attrice protagonista per Vacanze romane
(Golden Globe Awards 1990)
•Vincitore Premio Speciale Cecil B. DeMille
(Golden Globe Awards 1968)
•Nomination Miglior attrice protagonista (dramma) per Gli occhi della notte
•Nomination Miglior attrice protagonista (commedia o musical) per Due per la strada
(Golden Globe Awards 1965)
•Nomination Miglior attrice protagonista (commedia o musical) per My Fair Lady
(Golden Globe Awards 1964)
•Nomination Miglior attrice protagonista (commedia o musical) per Sciarada
(Golden Globe Awards 1962)
•Nomination Miglior attrice protagonista (commedia o musical) per Colazione da Tiffany
(Golden Globe Awards 1960)
•Nomination Miglior attrice protagonista (dramma) per La storia di una monaca
(Golden Globe Awards 1958)
•Nomination Miglior attrice protagonista (commedia o musical) per Arianna
(Golden Globe Awards 1957)
•Nomination Miglior attrice protagonista (dramma) per Guerra e pace
(Golden Globe Awards 1954)
•Vincitore Miglior attrice protagonista (dramma) per Vacanze romane
(David di Donatello 1965)
•Vincitore Miglior attrice straniera per My Fair Lady
David di Donatello 1962)
•Vincitore Miglior attrice straniera per Colazione da Tiffany
(David di Donatello 1960)
•Vincitore Miglior attrice straniera per La storia di una monaca
(SAG Awards 1993)
•Vincitore Premio alla carriera

mercoledì 18 novembre 2009

LA BIOGRAFIA


Audrey Hepburn, all'anagrafe Audrey Kathleen Ruston (Bruxelles, 4 maggio 1929 – Tolochenaz, 20 gennaio 1993), è stata un'attrice britannica.
Cresciuta in Olanda sotto il regime nazista, durante la seconda guerra mondiale studiò danza per poi approdare al teatro e infine al cinema.
Vincitrice di un Oscar, di un Golden Globe, di un Emmy, di un Grammy e di due premi Tony, la Hepburn fu una delle figure di spicco del cinema statunitense degli anni cinquanta e sessanta.
Nel corso della sua carriera lavorò con registi come Billy Wilder, George Cukor e Blake Edwards e divenne famosa grazie a ruoli come quello della Principessa Anna in Vacanze romane (1953) (interpretazione che le valse l'Oscar come migliore attrice), di Holly Golightly in Colazione da Tiffany (1961) e di Eliza Doolittle nel film musicale My Fair Lady (1964).
Negli anni settanta e ottanta apparve sempre più raramente sul grande schermo, preferendo dedicarsi alla famiglia. Nel 1988 fu nominata ambasciatrice ufficiale dell'UNICEF e, da quel momento fino alla sua morte, si dedicò assiduamente al lavoro umanitario, in riconoscimento del quale ricevette la Medaglia presidenziale della libertà (Presidential Medal of Freedom)[1] e il Premio umanitario Jean Hersholt (Jean Hersholt Humanitarian Award).
Audrey Hepburn ha una sua stella sull'Hollywood Walk of Fame, al 1652 di Vine Street.

GLI INIZI


Nel 1952 la Hepburn si sottopose a un provino per il nuovo film del regista statunitense William Wyler, Vacanze romane.
La Paramount Pictures, casa produttrice del film, voleva l'attrice inglese Elizabeth Taylor per il ruolo della protagonista ma, dopo aver visionato il provino della Hepburn, Wyler si convinse ad assegnarle il ruolo principale, quello della Principessa Anna.
Le riprese iniziarono nell'estate del 1952. Dopo due settimane dall'inizio della lavorazione, Gregory Peck, che interpretava il ruolo maschile principale, chiamò il suo agente chiedendo che, nei titoli, il nome della Hepburn fosse messo in risalto quanto il suo,Come da lui predetto, la Hepburn vinse l'Oscar come migliore attrice protagonista,nel 1954. Oltre all'Oscar, ricevette anche un BAFTA come miglior attrice.
Dopo la fine delle riprese, tornò a New York dove fu impegnata nelle repliche di Gigi per altri otto mesi. Le venne offerto un contratto per sette film con la Paramount, con pause di dodici mesi tra un film e l'altro per permetterle di recitare a teatro.
Dopo l'esperienza di Vacanze romane, fu chiamata ad interpretare il ruolo della protagonista femminile nel film di Billy Wilder, Sabrina, accanto a Humphrey Bogart e William Holden. Il guardaroba della Hepburn venne affidato allo stilista francese Givenchy. Quando gli fu detto che la «signorina Hepburn» voleva incontrarlo, Givenchy pensò di veder arrivare Katharine Hepburn. Invece si trovò davanti Audrey Hepburn, ma non ne fu deluso. I due, infatti, strinsero da allora un'amicizia e un sodalizio professionale che sarebbero durati tutta la vita. Per Sabrina, la Hepburn ricevette nuovamente una nomination all'Oscar come migliore attrice protagonista, ma il premio andò a Grace Kelly. Il film ricevette un Oscar per i migliori costumi e lanciò la Hepburn nell'Olimpo delle star hollywodiane.
Nel 1954 tornò sui palcoscenici interpretando il ruolo principale in Ondine, insieme all'attore e regista statunitense Mel Ferrer, con il quale si sarebbe sposata proprio quell'anno. Durante le rappresentazioni dello spettacolo teatrale, la Hepburn ricevette un Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico, oltre al succitato Oscar per Vacanze romane. Sei settimane dopo aver ricevuto l'Oscar, fu premiata con un Tony Award quale migliore attrice per la sua interpretazione in Ondine.
Verso la seconda metà degli anni cinquanta, Audrey Hepburn era diventata una delle più grandi attrici di Hollywood e un'icona dello stile. La sua figura snella e il suo ben noto buon gusto erano ammirati e imitati. Diventata una delle maggiori attrazioni del cinema hollywoodiano, continuò a lavorare con attori importanti, come Fred Astaire, Maurice Chevalier, Gary Cooper, Cary Grant e molti altri volti noti del cinema statunitense e internazionale.
Cenerentola a Parigi (Funny Face), girato nel 1957 fu uno dei film preferiti della Hepburn, anche perché le offrì l'occasione, dopo tanti anni passati a studiare danza, di ballare insieme con Fred Astaire. La storia di una monaca (The Nun's Story), del 1959, vide l'attrice affrontare una delle sue interpretazioni più difficili.
Il personaggio di Holly Golightly, da lei impersonato nel film Colazione da Tiffany(Breakfast at Tiffany's), tratto dal romanzo di Truman Capote e diretto da Blake Edwards nel 1961, venne considerato come una delle figure più incisive e rappresentative del cinema statunitense del XX secolo.
Nel 1964 fu impegnata in uno dei suoi ruoli più famosi, quello di Eliza Doolittle nel film musicale My Fair Lady. Venne scelta al posto dell'allora poco conosciuta Julie Andrews, che aveva interpretato il ruolo di Eliza a Broadway. Inizialmente la Hepburn rifiutò il ruolo e chiese che fosse assegnato alla Andrews, ma quando le dissero che la parte, in alternativa, sarebbe andata ad Elizabeth Taylor, e mai alla Andrews, decise di accettare. Durante la lavorazione del film, la Hepburn scoprì di essere stata doppiata nei pezzi musicali. In segno di protesta se ne andò dal set, per tornare il mattino seguente scusandosi per il suo comportamento. Solo poche frasi da due canzoni, nel film, sono effettivamente cantate dalla Hepburn. Doppiaggio a parte, molti critici ritennero l'interpretazione della Hepburn eccellente.
Nel 1967, recitò in Due per la strada (Two for the Road), diretto da Stanley Donen, film strutturato in maniera piuttosto innovativa per l'epoca e che affrontava il tema del divorzio. Caso volle che, proprio in quel periodo, la Hepburn vivesse un momento di profonda crisi con il marito Mel Ferrer. Il film successivo, Gli occhi della notte (Wait Until Dark) fu per lei una prova difficile, sia per il ruolo particolarmente impegnativo (quello di una donna cieca), sia a causa dell'imminente divorzio da Ferrer che era il produttore del film. Per la sua interpretazione la Hepburn ricevette un'altra nomination come migliore attrice che, però, non vinse.
La stella sull'Hollywood Walk of FameDal 1967 in poi, lavorò in maniera molto sporadica. Dopo il divorzio da Ferrer, la Hepburn aveva sposato uno psichiatra italiano, Andrea Dotti con il quale aveva avuto il suo secondo figlio, Luca. La gravidanza fu molto difficile e l'attrice dovette rimanere quasi tutto il tempo a letto. Con l'arrivo di Luca, la Hepburn decise di diminuire i suoi impegni di attrice e di dedicarsi alla famiglia. Tornò al cinema nel 1976, accanto a Sean Connery in Robin e Marian (Robin and Marian), film che ebbe un successo moderato. Nel 1979 interpretò il ruolo principale in Linea di sangue (Bloodline), ma il film fu un fallimento di critica e di botteghino.
L'ultimo ruolo importante della sua carriera cinematografica fu nel 1981, accanto a Ben Gazzara, nella commedia ...e tutti risero (They All Laughed), diretta da Peter Bogdanovich che ricevette un buon successo di critica, ma che fu presente nelle sale per un periodo molto breve.
La sua ultima apparizione sul grande schermo fu un cameo nel film di Steven Spielberg Always - Per sempre (Always), nel 1988. Nel film, che non ebbe un grande successo, interpretava il ruolo di un angelo. Negli ultimi mesi della sua vita, lavorò in televisione come presentatrice del programma Gardens of the World with Audrey Hepburn, la cui prima puntata andò in onda il giorno successivo alla sua morte e per il quale ricevette un Emmy postumo. In quest'ultimo periodo la Hepburn registrò anche un album di letture di fiabe, Audrey Hepburn's Enchanted Tales, che le valse un Grammy, anch'esso postumo.

LA VITA PRIVATA


Agli inizi della sua carriera, Audrey Hepburn si fidanzò ufficialmente con l'imprenditore britannico James Hanson. Poco dopo aver preso la decisione di sposarsi, tuttavia, il matrimonio saltò, a causa del fatto che la carriera della novella attrice li avrebbe tenuti lontani troppo a lungo.
Nel corso della sua vita si sposò due volte, nel 1954, con l'attore statunitense Mel Ferrer e nel 1969, con lo psichiatra italiano Andrea Dotti. Ebbe due figli, uno da ciascun matrimonio.
Audrey Hepburn incontrò Mel Ferrer ad una festa organizzata da Gregory Peck. L'attrice lo aveva visto nel film Lili ed era rimasta colpita dalla sua interpretazione. Qualche tempo dopo la festa, Ferrer inviò alla Hepburn il copione della commedia teatrale Ondine e l'attrice accettò il ruolo offertole. Le prove iniziarono nel gennaio 1954 e i due si sposarono il 25 settembre dello stesso anno[14]. La coppia divenne famosa per il suo affiatamento. Prima di riuscire ad avere il loro primo figlio, Sean, nel 1960, la Hepburn ebbe due aborti spontanei, uno in seguito ad una caduta da cavallo, durante la lavorazione del film Gli inesorabili (The Unforgiven). Durante la permanenza in ospedale a causa dell'incidente, Ferrer le regalò il cerbiatto che era stato usato nel film Verdi dimore (Green Mansions). Lo chiamarono Ip. L'attrice amava molto gli animali e ne ospitò diversi, in casa. Anche il cerbiatto fu tenuto come animale domestico. Sean è nato a Lucerna, e il suo padrino è stato A. J. Cronin, lo scrittore scozzese.
Il matrimonio con Ferrer durò 14 anni, fino al 1968. Negli ultimi anni della loro unione, si diceva che Ferrer vedesse altre donne, mentre al tempo stesso molti giornali riportarono una presunta relazione della Hepburn con l'attore Albert Finney, con il quale aveva interpretato Due per la strada (Two for the Road). Lei negò decisamente. Prima di divorziare, la coppia aveva comunque deciso di separarsi. Durante questo periodo l'attrice aveva incontrato lo psicanalista italiano Andrea Dotti durante una crociera e se ne era innamorata. La Hepburn pensò di poter finalmente smettere di lavorare e di poter avere altri figli. Si sposarono il 18 gennaio 1969 ed ebbero un figlio, Luca, nato nel 1970. Purtroppo, il matrimonio fu ben presto rovinato dalle numerose relazioni extraconiugali del medico. Il matrimonio durò, tuttavia, 13 anni e finì nel 1982 quando i due figli della Hepburn furono grandi abbastanza per vivere con una madre single. Mentre con Ferrer l'attrice aveva rotto quasi completamente ogni rapporto, rimase in contatto con Dotti, per il bene del figlio Luca, ancora adolescente.
Mentre era ancora sposata con Dotti, aveva incontrato l'attore olandese Robert Wolders, vedovo dell'attrice Merle Oberon. Sei mesi dopo la fine del matrimonio con il medico italiano, la Hepburn e Wolders si incontrarono nuovamente e poco tempo dopo iniziarono a convivere, trasferendosi in Svizzera. Non si sposarono mai. I due affrontarono insieme molti viaggi, per conto dell'UNICEF.
Nel 1992, tornata da un viaggio in Somalia, la Hepburn soffrì di forti dolori allo stomaco. Dopo essere stata visitata da un medico svizzero, in ottobre, volò a Los Angeles per consultare specialisti più esperti. I dottori che la visitarono scoprirono l'esistenza di un cancro che era cresciuto lentamente, nel corso di anni, all'interno del suo colon. Fu operata a novembre. Un mese più tardi dovette essere operata una seconda volta a causa di nuove complicazioni, e i medici giunsero alla conclusione che il cancro era ormai troppo esteso per essere curato. A causa delle sue condizioni, la Hepburn fu impossibilita a utilizzare un volo di linea per tornare a casa, quindi il suo vecchio amico Givenchy chiese ad un conoscente di inviarle un jet privato che l'avrebbe riportata in Svizzera. L'uomo fece riempire di fiori la cabina che l'avrebbe ospitata. Audrey Hepburn morì il 20 gennaio 1993 a Tolochenaz (Canton Vaud, Svizzera), dove fu sepolta. Aveva sessantatré anni. Al funerale, oltre ai figli e a Wolders, erano presenti Mel Ferrer, Andrea Dotti, Hubert de Givenchy, rappresentanti dell'UNICEF e gli attori e amici Alain Delon e Roger Moore. Ad officiare il funerale era il sacerdote Maurice Eindiguer che, trentanove anni prima, aveva sposato la Hepburn e Ferrer.
Lo stesso anno della sua morte, il figlio Sean fondò l'Audrey Hepburn Children's Fund per favorire la scolarizzazione nei Paesi africani.

IL LAVORO PER L'UNICEF


Poco tempo dopo la sua ultima apparizione cinematografica nel 1988, Audrey Hepburn fu nominata ambasciatrice speciale dell'UNICEF. Da quel momento fino alla sua morte la Hepburn si dedicò all'aiuto dei bambini dei paesi poveri del mondo. I suoi viaggi intorno al mondo furono facilitati anche dalla sua conoscenza delle lingue (oltre all'inglese, parlava fluentemente il francese, l'italiano, l'olandese e lo spagnolo).
La sua prima missione su campo fu in Etiopia, nel 1988. Visitò l'orfanotrofio di Mek'ele e fece in modo che l'UNICEF inviasse cibo ai 500 bambini che vi erano ospitati. Del suo primo viaggio la Hepburn disse:
« Mi si è spezzato il cuore. Non posso sopportare l'idea che due milioni di persone stiano morendo di fame.Il termine "Terzo Mondo" non mi piace perché siamo tutti parte di un mondo solo.Voglio che la gente sappia che la maggior parte degli esseri umani sta soffrendo»
Negli anni a seguire, la Hepburn visitò, in veste di ambasciatrice, molti altri paesi, come la Turchia e diversi stati dell'America del Sud e del Centro America.
Nel 1989 si recò con Robert Wolders in missione in Sudan. A causa della guerra civile era difficile far arrivare cibo alla popolazione. La missione aveva come scopo quello di far giungere rifornimenti su un treno che arrivasse alla parte meridionale del paese. Sempre in compagnia di Wolders, quello stesso anno si recò in Bangladesh, mentre l'anno successivo la sua missione la portò in Vietnam, nel tentativo di collaborare con il governo su programmi di immunizzazione e di pulizia dell'acqua.
Nel settembre 1992, quattro mesi prima della sua morte, la Hepburn arrivò in Somalia. Definì quel suo viaggio "apocalittico", affermando che di tutte le situazioni difficili viste durante i suoi viaggi, quella della Somalia era infinitamente peggiore.
«Ci sono tombe ovunque. Lungo la strada, sulle rive dei fiumi, vicino ad ogni campo... ci sono tombe ovunque.»
Nel 1992 il Presidente degli Stati Uniti, George H. W. Bush, la premiò con uno dei più importanti riconoscimenti attribuibili ad un civile statunitense, la Medaglia Presidenziale della Libertà (Presidential Medal of Freedom)[16], a riconoscimento del suo impegno con l'UNICEF e, poco dopo la sua morte, l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences la premiò con il Premio umanitario Jean Hersholt (Jean Hersholt Humanitarian Award) per il suo contributo all'umanità, premio ritirato da suo figlio Sean Hepburn Ferrer.
Del suo lavoro per l'UNICEF il figlio Sean, durante un'intervista, dirà: «Dopo una vita vissuta in parte come una tortura e una lotta per riuscire ad avere una carriera indipendente e l'autonomia finanziaria per sé e la sua famiglia, senza capire mai fino in fondo quello che la gente vedeva in lei - quello che era il suo fascino - ha trovato nella missione per l'Unicef il modo di ringraziare il suo pubblico e "chiudere il cerchio" della sua esistenza così breve».

FILM PRINCIPALI


Holly Golightly è una fanciulla di piccola virtù che campa a 50 dollari per prestazione; Paul Vasrjac è un giovane scrittore che ne riceve 1000 come buonuscita dalla sua protettrice. I due s'incontrano e s'innamorano. Il film parte come una commedia sofisticata, si trasforma in un ritratto con velleità liriche per finire poi sui toni di una favola sentimentale. B. Edwards è capace di sottigliezze di alta sofisticazione. Sceneggiatura del capace George Axelrod da un romanzo di Truman Capote. Oscar alla canzone "Moon River" di Henry Mancini.

Una principessa in visita ufficiale a Roma si sottrae alla sorveglianza dei dignitari e se ne va in incognito per la città in compagnia di un giornalista che fiuta il grande colpo. È il film che fece di A. Hepburn una star-grissino, premiata con l'Oscar insieme a Ian McLellan Hunter, autore del soggetto, e a Edith Head per i costumi. È un "Accadde una notte" in chiave monarchica. Prima commedia di W. Wyler dopo il '35: vispa, piacevole, con qualche eccesso di sciroppo e troppe preoccupazioni turistiche.

Dalla commedia Sabrina Fair (1953) di Samuel Taylor. Per dimenticare il figlio del padrone di cui è innamorata fin da ragazzina, la figlia dell'autista di una ricca famiglia americana va a studiare a Parigi. Trasformata in una donna di classe e gran fascino, torna due anni dopo e fa innamorare tutti e due i padroni, lo scapestrato e il serio. Sarà il secondo che la porterà all'altare. Una delle commedie meno "cattive" di B. Wilder, tra le più deboli e sicuramente la più zuccherata e convenzionale che, comunque, inietta sagacemente i suoi veleni in un contesto di squisita piacevolezza e di frivola intelligenza. Uno dei 2 protagonisti maschili è fuori parte (H. Bogart), l'altro (W. Holden) fuori tono. Consacrò A. Hepburn come star. Oscar ai costumi di Edith Head.

Dalla commedia musicale di grande successo (1956) di Frederick Loewe e Allan Jay Lerner (tratta da "Pigmalione", 1914, di G.B. Shaw): a Londra, all'inizio del secolo, il prof. Higgins, studioso di fonetica e misogino, trasforma la giovane fioraia Eliza Doolittle dall'orribile pronuncia in una signora. Superproduzione Warner (70 mm, 6 piste sonore) in cui, oltre a trasferire felicemente lo spettacolo dal palcoscenico allo schermo, G. Cukor accentua la stilizzazione del musical nell'ammiccante recitazione e nel rapporto tra personaggi e ambiente. 8 Oscar: film, regia (primo e unico per Cukor), R. Harrison, scene e costumi di Cecil Beaton, Harry Stradling (fotografia), André Previn (adattamento musicale), George Groves (colonna sonora).
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Giovane bibliotecaria è lanciata come modella grazie a un fotografo di moda, di lei innamorato, che deve staccarla da un rivale, filosofo "enfaticalista". Quasi un canto del cigno, o un passo d'addio del grande F. Astaire, non lontano dai 60 anni ma ancor agile di gambe. Squisita messa in scena, sostenuta da una fotografia che ebbe la supervisione del celebre Richard Avedon e da una K. Hepburn vestita da Givenchy. Le canzoni di George e Ira Gershwin completano il bilancio al cui passivo vanno la storia troppo zuccherosa e i dialoghi senza sale.
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A un'americana che vive a Parigi, assassinano il marito. È tampinata da tipi strani e un affascinante compatriota le viene in aiuto. In altalena tra la commedia romantica nera e la farsa macabra, uno scintillante thriller alla maniera di Hitchcock, ma senza risvolti metafisici, garbato, sorridente, piacevole, elegantissimo.
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Da un libro di Kathryn Hulme sceneggiato da Robert Anderson. Ragazza belga con inclinazioni mistiche entra in convento, diventa suor Lucia, lavora in Congo come infermiera ma dopo diciassette anni viene secolarizzata per continuare nel mondo laico la sua opera di carità. 6 nomination ma nessun Oscar. Non privo di finezze, specialmente nella prima parte in convento, è solido come tutto il cinema di Zinnemann, ma convenzionale e moralistico.
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Bisticci a lieta fine di due giovani coppie costrette a vivere, dopo la seconda guerra mondiale, sotto lo stesso tetto. C'è anche una governante che fa da quinto incomodo. Piacevole commedia degli equivoci sui problemi della vita quotidiana, tratta da una pièce di Ronald Jeans.
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Dal romanzo (1863-69) di Lev Tolstoj: le peripezie di una famiglia russa ai tempi dell'invasione napoleonica. Penultimo film di K. Vidor (1896-1982) che ebbe al suo fianco, come regista delle battaglie, Mario Soldati. Nato da una sceneggiatura tormentata (cui posero mano una dozzina di persone di cui solo sei accreditate), è un kolossal, frutto di due tendenze inconciliabili: l'intenzione dei produttori Ponti-De Laurentiis di farne un grande e rutilante spettacolo di massa e l'ambizione del regista di rispettare lo spirito del testo (facendo perno sul personaggio di Pierre-H. Fonda) nell'ottica del proprio mondo. Prevalse la prima, rimangono alcune tracce della seconda. L'esercito italiano contribuì con 5000 fanti e 8000 cavalleggeri. Dal romanzo sono stati tratti 3 film russi muti e un colosso sovietico (1965-67) in quattro parti di Sergej Bondarciuk di cui arrivarono in Italia, sunteggiate, le prime due, distribuite in un film unico col titolo Natascia-L'incendio di Mosca.
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Dal romanzo Ariane (1924) di Claude Anet: è la storia di Cappuccetto (la figlia parigina di un investigatore privato) che riesce a mettere in gabbia il Lupo Cattivo (un miliardario americano che fa collezione di avventure galanti). "Film sull'amore, e il più fisico, ma opera di un cuore secco" (Cahiers du Cinéma). Cuore secco sta per lucidità critica di un Wilder molto lubitschiano che dosa accortamente sentimento e cinismo, perfezionando il precedente Sabrina (1954).
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L'unica figlia di una famiglia di rancheri bianchi è in realtà un'orfanella pellerossa, ma i suoi tre fratelli lo ignorano. Quando la tribù dei Kiowa la reclama, esplode il dramma. Uno dei due western di Huston che lavorò nelle migliori condizioni possibili: alto costo, due star, uno sceneggiatore d'ingegno (Ben Maddow con cui aveva lavorato in Giungla d'asfalto, 1950), un operatore tedesco di merito (F. Planer), un musicista di successo (D. Tiomkin). In questa vicenda che capovolge quella di Sentieri selvaggi (1956) di John Ford, anch'esso ispirato a un romanzo di Alan Le May, il tema del razzismo è affrontato in modo indiretto, ma efficace: non contano tanto il sangue e il colore della pelle quanto le affinità con una civiltà. La cultura pesa più della natura. Il passar del tempo ha lavorato per il film invece di logorarlo: sono più evidenti le sue ambizioni di tragedia corneilliana (conflitti tra passioni e doveri); la simbiosi tra uomo e natura, specialmente nella 1a parte; le magnifiche folate di invenzione cinematografica. Parzialmente riuscito e meno vitale di L'uomo dai sette capestri (1972).
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La scuola diretta da Karen e da Martha va incontro al fallimento dopo le calunnie lanciate contro le due insegnanti da una bambina maliziosa. Dopo un po' di tempo la verità viene a galla, ma per Martha è troppo tardi. 2a versione del dramma (1934) di Lillian Hellman, più fedele e franca della 1a (La calunnia, 1935, con Merle Oberon e Miriam Hopkins), ma inerte. La bravura delle 2 protagoniste gira un po' a vuoto.
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Mentre lavora alla sceneggiatura di un film con la segretaria, scrittore americano a Parigi sogna di vivere con lei la vicenda che sta scrivendo. Tiepido rifacimento del francese La fete à Henriette (1952) di Julien Duvivier. La colpa è dello sceneggiatore-produttore George Axelrod che sa scrivere dialoghi spiritosi, ma è debole nell'organizzazione della materia. Cammei di Tony Curtis e Marlene Dietrich, la voce di Fred Astaire che canta.
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La figlia di un famoso collezionista (ma, in realtà, espertissimo falsario) incarica un falso ladro di rubare dal Louvre una preziosissima statua di Venere che, però, è un falso. Commedia piacevole, spiritosamente stilizzata in cui, però, la glorificazione del falso non diventa principio strutturale. Tutto si risolve in fatuo e vacuo gioco di superficie. Guidata da W. Wyler che la scoprì, A. Hepburn è deliziosa.

Un fotografo entra casualmente in possesso di un quantitativo di stupefacenti. Sua moglie, cieca e sola nell'appartamento, si difende da tre delinquenti che per recuperare la droga la sequestrano. Young non si preoccupa della verosimiglianza della storia tratta da un copione teatrale di Frederick Knott. A lui interessa arrivare al nodo della suspense. Robusto thriller: A. Hepburn fu designata all'Oscar e, come criminale nevrotico, A. Arkin lascia il segno!

Dopo un lungo esilio Robin Hood torna tra le foreste di Sherwood. Marian, il suo amore di gioventù, fa la badessa in un convento e lo sceriffo di Nottingham è sempre al suo posto. Nuove avventure con struggente finale. Bellissimo e tenerissimo film che segnò il ritorno dopo 7 anni di A. Hepburn in coppia con l'ottimo Connery, Robin Hood stanco e ingrigito. Giusto equilibrio tra demistificazione e pathos, realismo e romanticismo. Ironia, non parodia.

Pilota di aerei antincendio, caduto in missione, torna invisibile tra i viventi a far da angelo custode e istruttore a un giovane collega destinato a succedergli nel lavoro e nel cuore dell'amata. Rifacimento, inzuppato di nostalgia intenerita, di Joe il pilota (1943) di V. Fleming, con Dreyfuss al posto di Spencer Tracy e l'ultima apparizione angelicata di A. Hepburn. I primi 40m che precedono la morte eroica del protagonista funzionano (con riprese dal vero dell'incendio che nel 1988 devastò il parco di Yellowstone), poi il tasso di saccarosio cresce in quantità indigesta.